Il gomito del pugile

Le lesioni a carico dell’arto superiore sono frequenti tra chi pratica il pugilato o le arti marziali e spesso possono condizionare l’attività sportiva, determinando un’interruzione delle competizioni o dall’allenamento a causa dei sintomi.
La condizione nota come il gomito del pugile deriva dai continui traumi in iperestensione e in iperflessione che si verificano durante le varie fasi del combattimento.
In particolare, nel movimento di iperestensione e pronazione che si verifica quando si tira un pugno, la porzione postero-laterale dell’olecrano, urta contro l’omero determinando il cosiddetto “impingement postero-laterale”. Ciò si verifica soprattutto durante un pugno mancato (a vuoto) per cui, a causa dei microtraumi ripetuti, l’osso va incontro a condromalacia, conseguente formazioni di speroni ossei (osteofiti) e in alcuni casi formazione di corpi liberi. A livello radiografico si osserva un aspetto caratteristico in cui l’olecrano presenta delle escrescenze ossee ad “orecchie di topolino” (fig.), che sono appunto conseguenza dei microtraumi continui che vanno a stimolare la produzione di osteofiti in sede posteriore.
Inoltre questo tipo ti lesione è anche frequente in chi pratica la pallanuoto, portieri, ginnasti e bodybuider.
Per quanto riguarda l’impingement anteriore, questo si verifica nella flessione forzata tipica di alcune fasi di combattimento, come il clinch (corpo a corpo serrato) o la difesa da un pugno avversario. In particolare quando il guantone o l’avambraccio vengono colpiti con forza durante la posizione di guardia, il gomito subisce una iperflessione, durante la quale l’apice della coronoide urta contro la fossetta coronoidea dell’omero. Oltre a caratteristici osteofiti coronoidei, anche in questo caso possono prodursi dei corpi liberi articolari. (Fig 2)
In queste fasi l’atleta può lamentare che il gomito si blocchi, con perdita momentanea della funzionalità, gonfiore e dolore locale. In presenza di corpi liberi, possono verificarsi blocchi articolari, click o sensazioni di incastro, con il paziente che deve effettuare manovre specifice per “sbloccare” il gomito.
Il trattamento è variabile da caso a caso, includendo un trattamento dapprima conservativo, fino ad arrivare al trattamento chirurgico che di solito consiste nella plastica (rimodellamento) delle porzioni ossee interessate, e alla rimozione dei corpi liberi (Fig. 3), se presenti o in artroscopia o a cielo aperto.